domenica 28 novembre 2010

Istat: meno eco-investimenti per le industrie, in aumento spesa per gestione rifiuti




Calano gli investimenti in ambiente delle industrie italiane e si continuano a realizzare prevalentemente investimenti atti a rimuovere l'inquinamento dopo che questo è stato prodotto, anzichè utilizzare tecnologie pulite atte a rimuovere alla fonte l'inquinamento generato dal processo produttivo.
Questi alcuni dati contenuti nel rapporto pubblicato nelle settimane scorse dall' Istat, "Gli investimenti delle imprese industriali per l' ambiente", riferito all' anno 2007. Secondo l'Istituto di statistica, nel 2007 la spesa complessiva per investimenti ambientali delle imprese dell'industria in senso stretto è risultata pari a 1.838 milioni di euro, in calo del 7,4 per cento rispetto al 2006 (1.986 milioni di euro).
La diminuzione è interamente imputabile alla forte caduta degli investimenti in impianti ed attrezzature a tecnologia integrata (-31,3 per cento rispetto al 2006), a fronte di un aumento del 6,4 per cento di quelli in impianti ed attrezzature di tipo end-of-pipe. Chi ha aumentato di più gli investimenti in ambiente sono state le piccole e medie imprese. In un anno hanno fatto salire infatti gli eco-investimenti del 30,1 per cento, mentre la grande industria li ha diminuiti del 14,7 per cento. Tra il 2006 e il 2007 la composizione degli investimenti per settore ambientale ha registrato un forte calo dell'incidenza di quelli per la protezione dell'aria e del clima, mentre è aumentato in misura significativa il peso relativo delle spese per la gestione dei rifiuti.
L'Istat rileva, infatti, un peso crescente per la spesa per la realizzazione di impianti ed attrezzature per la gestione dei rifiuti, che arriva al 15,3 per cento rispetto al 9,1 per cento dell' anno precedente. I settori manifatturieri che presentano le quote più consistenti di investimenti ambientali sono la metallurgia e la fabbricazione di prodotti in metallo (20,3 per cento), la fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (19,6 per cento) e la fabbricazione di coke, raffinerie di petrolio e trattamento di combustibili nucleari (18,2 per cento). 

Nuove professioni green:l'energy manager

Mai come in questi ultimi anni si può parlare di tendenza green anche nelmondo del lavoro. La cosiddetta “green economy” ha portato alla creazione di un forte interesse per tutte le materie legate alla sostenibilità ambientale, al risparmio energetico, all’utilizzo delle risorse rinnovabili. Questa nuova, o forse ritrovata, attenzione al “verde” sarebbe volta a prevenire l’inquinamento, il riscaldamento globale, l’esaurimento delle risorse e il degrado ambientale.
Agli inizi di quest’anno l’ISFOL aveva già messo in rilievo i dati del boom per le professioni ecologiche e il loro successo nel mondo del lavoro: l’80,6% delle persone che hanno frequentato un master ambientale, a distanza di un anno, ha trovato un’occupazione stabile. Grazie a queste premesse e all’inarrestabile crescita della green economy, l’interesse per i lavori verdi e la richiesta di nuove professionalità legate a questo mercato sono in forte crescita.
Ma quali sono le professioni green più ricercate? Al primo posto troviamo sicuramente l’Energy Manager, chiamato più tecnicamente il Responsabile per la conservazione e l’uso razionale dell’Energia. La figura dell’Energy Manager è stata introdotta in Italia dalla legge 10/91 per le aziende (enti pubblici e privati) caratterizzati da consumi importanti di energia. Questo incarico può essere svolto sia da un dipendente, sia da un consulente esterno. L’Energy Manager svolge numerose attività: progetta e realizza tutti gli interventi gestionali e tecnici rivolti all’uso razionale dell’energia; promuove le buone pratiche per un corretto uso delle risorse energetiche; definisce i consumi e ne effettua il bilancio; ottimizza le forniture in modo tale che possano avere un ritorno positivo in materia di risparmio energetico; effettua analisi e valutazioni, propone modifiche di impianti e procedure. Per diventare energy manager ed essere inseriti nell’elenco (non si tratta di un albo) curato e gestito dallaFIRE – Federazione Italiana per l’uso Razionale dell’Energia – per incarico del Ministero delle Attività Produttive, occorre essere nominati da un soggetto autorizzato. Sul sito della Federazione Italiana per l’uso Razionale dell’Energia è possibile consultare la guida alla nomina, l’elenco degli Energy Manager in Italia e tutti gli approfondimenti sulla professione e sui corsi di aggiornamento.
Possiamo delineare altre professioni verdi emergenti, quelle che nel titolo del nostro articolo definiamo “i cugini” dell’Energy Manager, legate sempre alla green economy. Un esempio sono i Certificatori energetici, ossia i “tecnici abilitati” alla certificazione energetica degli edifici. Per legge, tutte le unità immobiliari devono essere dotate di attestato di certificazione energetica. Questa norma, entrata in vigore nel luglio 2009, ha portato all’introduzione della nuova professione di Certificatore energetico. Chi può svolgere questa mansione? Ad oggi, laureati in ingegneria, architettura, scienze agrarie, forestali e ambientali, geometri, periti industriali, agrari e agrotecnici possono svolgere questa nuova professione, anche se con alcuni vincoli. Per i laureati in alcune discipline (es. fisica, matematica, urbanistica, chimica, geologia, ingegneria biomedica, elettronica, informatica e delle telecomunicazioni, e in scienze e tecnologie per l’ambiente e il territorio) è obbligatorio frequentare specifici corsi di formazione per la certificazione energetica degli edifici, generalmente tenuti da università, enti di ricerca, regioni, ordini e collegi professionali. Tenete presente che la legislatura in materia è ancora in una fase di definizione e revisione.


Fonte